l’intervista

 Riccardo Gradassi domanda … Paolo Federici risponde

Buongiorno Dr. Paolo Federici, non posso nasconderle di averla conosciuta per caso, eppure oggi posso considerarmi una persona fortunata per aver conosciuto un nuovo talento della letteratura italiana moderna. I suoi libri si leggono con enorme semplicità, sono intriganti e colmi di avventure, gioia di vivere, passione per la vita. E non solo. Lei è nato in Liguria, terra di mare - ora che mi viene in mente è anche la terra di un famoso poeta premio Nobel per la Letteratura, Eugenio Montale - ha frequentato l'Accademia Navale e come Ufficiale ha partecipato a frequenti percorsi marini - che lei descrive anche nei suoi romanzi. Una domanda mi viene spontanea: con tutto quello che ha fatto è rimasto soddisfatto della sua giovinezza?

(una delle cose "difficili" nel rapporto tra la parola scritta e la parola detta è la mancanza di visualità. Se qualcuno mi vedesse adesso, noterebbe un sorriso ed un rossore sulla mia faccia. Un sorriso perchè il fortunato sono io ad essere intervistato. Un rossore perchè in fondo sono timido e non credo di meritare i suoi elogi. Cominciamo: non sono dottore, nel senso che non mi sono mai laureato, anche se mi sarebbe piaciuto. Ma un esimio professore stroncò le mie velleità affermando "lei non si rende conto del grado di impreparazione in cui si trova". La storia occupa un intero capitolo del mio secondo libro, De Causarum Actore. Se sarò rimasto soddisfatto della mia giovinezza lo potrò dire quando la giovinezza sarà finita. Per ora sono ancora un diciottenne. Lo scorso dicembre, infatti, ho compiuto proprio diciotto anni ... anche se per la terza volta (18 x 3 = 54)! E, per ora, sono assolutamente soddisfatto. Anche perchè tra Ulisse – che quando soffriva si rincuorava pensando "un giorno sarà dolce il ricordo anche di questo" - e Francesca – che invece dice "non c'è maggior disgrazia che ricordarsi del tempo felice ne la miseria"- scelgo Ulisse. Insomma, come potrei non essere soddisfatto quando, a ventidue anni, mi sono ritrovato su una delle più belle navi esistenti, con la possibilità di girare veramente il mondo, con la prospettiva di incontrare persone affascinanti, facilitato ad imparare le lingue, e pure pagato profumatamente! Cosa era possibile desiderare di più?)

Quanti libri ha pubblicato ad oggi? E ne ha altri nel cassetto?

(Pubblicato è una parola grossa. Nel senso che "stampati"ne sono stati quattro. I primi due me li sono stampati, come sul dirsi, in proprio. Ad un certo punto della mia vita - parliamo di una ventina di anni fa - ho sentito il bisogno di scrivere un libro. Perché? Forse la risposta più ovvia ce la dà un mio coetaneo, uno che è nato nel 1952 e che scrive canzoni, una della quali dice: Le mie canzoni nascono da sole vengono fuori già con le parole: Le canzoni sono come i fiori nascono da sole e sono come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta perché poi svaniscono e non si ricordano più Come chi è? Vasco, classe 1952 (come me!). C'è gente che sostiene di scrivere sotto dettatura (di qualche entità spirituale o aliena!) Forse l'idea non è del tutto sbagliata! Nel mio primo libro (Incredibile ma falso) il protagonista afferma, in effetti, di scrivere sotto dettatura di un extra-terrestre. Poi un giorno mi sono trovato a dover affrontare un problema con la Giustizia: per spiegare al Giudice che NON VOLEVO essere difeso da un avvocato, ho preso carta e penna ed ho scritto un libro al quale ho dato un titolo eclatante, in latino (De Causarum Actore). Anche questo libro, possiamo dire, è nato per caso (sempre come le canzoni di Vasco). Con una peculiarità: poiché i guai con gli avvocati non finiscono mai, c'è una continuazione aggiornata su internet. Mi piace questa idea, del libro che NON FINISCE! E qui veniamo al dunque: al finale di un libro! Se con il primo (Incredibile, ma falso) c'è un finale a sorpresa (una lettera del protagonista che rivela di essersene andato, ma senza far sapere né dove, né come, né quando, insomma lascia grandi interrogativi al lettore, libero di interpretare il finale a suo piacimento), se nel secondo (De Causarum Actore) non c'è un finale, ma la storia si aggiorna continuamente sul web, ecco che con "La nave dei sogni" il finale c'è ed è - lasciatemelo dire - degno di un grande giallo, a metà tra Agatha Christie e Lewis Carroll. Con la scoperta non dell'assassino ma della verità solo nell'ultima pagina. Il quarto, pubblicato, si intitola "Aspettando Alice", e l'ho scritto a quattro mani con mia moglie. Voleva essere solo un regalo molto particolare per nostra figlia (Alice, appunto) ma l'editore ha voluto metterlo comunque in vendita. Questo sì che è autobiografico al massimo! Nel cassetto ne ho già uno e mezzo. Nel senso che uno (Una labile traccia indelebile) è già stato completato e sto aspettando un editore che lo pubblichi, visto che sono finiti i tempi della stampa in proprio! L'altro - per il quale non ho ancora deciso nemmeno il titolo - lo sto scrivendo e conto di terminarlo prima dell'estate.)

Nei suoi romanzi trovo riferimenti (che spesso si protraggono per tutta la narrazione) sul viaggio nel tempo. Ma il viaggio nel tempo non è una idea troppo velleitaria e quindi irraggiungibile? Il suo romanzo "Incredibile .. ma falso" lascia il lettore con l'amaro in bocca quando scopre che il viaggio nel tempo è un argomento sicuramente interessante ma che serve solo a far parlare la gente. Lei cosa ci comunica in merito?

(se io dicessi che credo fermamente nella possibilità di viaggiare nel tempo, perderei immediatamente credibilità. Quindi non lo dico. Però basti ricordare che Einstein non ha mai negato la possibilità di viaggiare nel tempo. E ormai ci sono centinaia di libri e decine di film su questo argomento. Proprio stasera sono stato a vedere "Deja Vu". E se andate su google e digitate "John Titor" ... avrete delle sorprese. Sta di fatto che ho letto almeno cinquanta libri che trattano di viaggi nel tempo, e non tutti sono libri di fantascienza. Ah, se vi interessa l'elenco ... lo trovate sul mio sito web.)

Leggo nel suo portale on line www.paolofederici.it questa frase: "I ricordi sono fatti della stessa sostanza dei sogni". Ce la può spiegare meglio facendo riferimento sia alla sua vita sia alle sue opere letterarie?

(Guardi, le "copio" pari pari un estratto del mio libro "La nave dei sogni" che spiega l'idea: "Arrivano improvvisamente, come una valanga. Si mescolano e si confondono. Mancano di logica, sono discontinui. Te ne ritrovi avvolto e ne sei prigioniero. Come, di cosa parlo? Ma dei ricordi! Ricordi allegri e tristi, recenti e remoti, reali o fantasiosi. Impossibile classificarli, difficilissimo distinguere quello vero da quello falso. Con il passare degli anni acquistano una vita  reale anche i ricordi di fatti mai accaduti, di cose mai dette, di persone mai conosciute. I ricordi sono fatti della stessa sostanza dei sogni. L'effimero e l'irreale si mescolano e si confondono. La logica si perde, perché non c'è un inizio e non c'è una fine. Vengono riportati a galla nella memoria senza alcuna ragione apparente. Una parola sussurrata ha lo stesso potere di una diga che si apre, ed allora assistiamo ad un'inondazione. Un suono o un colore, sono come una palla di neve che rotola sempre più velocemente fino a trasformarsi in valanga. Siamo prigionieri dei ricordi, come siamo prigionieri dei sogni.")

Le sue opere (senza considerarne qualcuna che parla di alcune sue gesta giovanili) mi sembrano un po' troppo autobiografiche... mi sbaglio?

(ho sempre cercato di scrivere di cose che so, che conosco bene, e cosa posso conoscere meglio di ... me stesso? Comunque per scrivere il mio nuovo libro - Una labile traccia indelebile - ho fatto degli studi approfonditi sia storici, cercando testi antichi in biblioteche medioevali, che geografici, recandomi anche all'estero, a visitare luoghi ben precisi che poi sono raccontati nel libro. Però è vero: tendo ad identificarmi con il protagonista, sempre. Forse pecco un po' troppo di autostima. Ma questo dipende dal fatto che sono un inguaribile ottimista. Pensi che un primo racconto che scrissi molti anni fa, si intitolava "ottimo, anzi ottimista" mi valse una partecipazione al Maurizio Costanzo Show. Riuscii a dimostrare come le più grandi disgrazie che mi erano capitate, potevano essere viste in chiave positiva. Sempre rifacendomi all'Ulisse di cui ho detto prima. E questo concetto si ritrova in tutti i miei libri)

Leggo nel suo portale on line: "scrivo libri – compongo canzoni (ho pubblicato anche un cd, dal titolo "colorami") -  recito in una compagnia teatrale di dilettanti (gli improbabili) - suono la chitarra, il pianoforte e l'organo -  gioco a calcetto - insomma, non mi annoio!" Complimenti... posso proporle (lo dico scherzosamente) anche qualche altro impegno....?

(in fondo ci vuole poco: basta lasciar perdere la televisione, disinteressarsi del calcio, lavorare quanto basta senza farsi condizionare dal voler fare troppo, al solo scopo di accumulare ricchezze ... e magicamente ci si accorgerà di avere un sacco di tempo libero per fare altre cose.)

(p.s.: ottimo anzi ottimista si trova qui: http://www.paolofederici.it/libri/ottimismo.pdf )

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